martedì 10 luglio 2012

Il lato positivo...

Ok, la tata stava un po' male.

Da quando mi ha chiamata dicendo che avrebbe preso un pikipiki e che era al villaggio accanto è passata un'ora abbondante. Al che le ho detto che l'andavo a prendere.

In effetti il piede era il doppio e le faceva visibilmente male, quindi siamo andate direttamente al pronto soccorso.

Per fortuna ne esiste uno molto vicino a casa (è solo poco attrezzato di buoni pediatri, o forse semplicemente di pediatri, quindi quando Filippo deve fare il tagliando trimestrale co tocca andare all'Aga Khan) dove ci hanno ricevute subito, in un ambiente supermodermo e dall'aria estremamente efficiente dieci volte più che all'Aga Khan che se vi andate a leggere i primi post era già ad un livello intergalattico rispetto all'ospedalino di campagna dove hanno visto la luce i miei pargoletti.

Quindi, le infermiere fanno una visita preliminare e mentre spiegano alla tata terrorizzata che le devono fare un'iniezione di antidolorifico, il mio ego smisurato e in cerca di attenzioni a tutti i costi non trova niente di meglio da fare che farsi gocciolare sangue dal naso.

La scena finale è stata: tata quasi in lacrime che mi stritolava un braccio per non sentire l'ago della puntura (la tata ha quasi trent'anni e qui nessuno ha mai sentito parlare di Pic indolor) e io con il suddetto braccio bloccato e la mano libera a cercazre di arginare la diga (ok, orrido esempio, ma è per esigenza sceniche...).

A parte questo intermezzo, tutto sembrava andare liscio, meglio dell'Aga Khan e mi avvio alla cassa a pagare e lì m'inizio a ricredere: la fila non è lunga, ma per ogni persona ci vuole una vita e, arrivato il mio turno, scopro che non potevo pagare senza aver fatto prima la registrazione (che in linea di principio non fa una piega..) perché il foglio se l'era tenuto la tata e se l'era portato a fare i raggi X e siamo finiti nella situazione che i risultati erano pronti, ma la dottoressa non poteva vederli (cioè non le portavano fisicamente le lastre perché non potevano stamparle) se non c'era il numero di registrazione e io che andavo su e giù tra reception, cassa (sono code separate, ricordate?), sala raggi e sala visite, il tutto spalmato su tre piani di ambiente supermodermo e dall'aria estremamente efficiente.

E come se ciò non bastasse, hanno dovuto fare una seconda radiografia, così, per stare sicuri.

Alla fine tutto a posto, solo una banale (e impressionante) storta; prescrizione di ibuprofene (painkiller, mi piace di più in inglese antidolorifico; è più schierato dalla parte del malato!) in dosaggio massiccio che avrei tanto voluto avere io sabato quando ero in coma e prendevo paracetamolo annacquato.

La fasciatura la fai tu a casa? mi fa la dottoressa. Hai una crema?

Arnica va bene? ho cercato di balbettare per la sopresa. Ma non siamo in un pronto soccorso? E perché la devo fare io la fasciatura a casa?? penso.

Sì, sì, perfetto. Mi fa lei. E anche un po' di riposo...

Un po' sbalordita mi avvio alla farmacia e chiedo l'ibuprofene, mi spediscono alla cassa separata, mi passa la tata accanto in carrozzina, scortata fino alla macchina, pago, cerco di non lasciargli in regalo la carta di credito, corro alla macchina e ci avviamo felici e contente (nei limiti) a casa dai bambini rimasti miracolosamente buoni sotto la tutela consorziata di Janie, di passaggio tra la Tanzania e l'Italia ed Henry la guardia.

Tata fasciata, arnicata e armata di bastone da passeggio, io che racconto i dettagli del pomeriggio a Janie mentre metto su l'acqua della pasta e la sensazione che manchi un pezzettino...

Il painkiller!

Allora, di nuovo in macchina, farmacia, dove mi aspetta la farmacista con un sorriso a trentadue denti (quelli che fanno qui ai visi pallidi rincretiniti), painkiller al sicuro, torno a casa dove Janie ha già scolato la pasta, tutti a tavola, poi a nanna e buonanotte.

Pensate sia finita qui?

Magari.....

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