lunedì 8 agosto 2011

Aga Khan card

Siamo stati un po' presi con il trasloco nella seconda casa temporanea, l'installamento/ installazione o come cavolo si dice che è consistito nel togliere di mezzo tutte le cose fragili che avrebbero fatto una bruttissima fine con l'arrivo di Filippo (anche se non è bastato....), ed una serie di piccole cosette, uscite, incontri che hanno preso più tempo del previsto.
Ma il tema ricorrente di questi giorni di silenzio stampa è stato l'Aga Khan, ospedale di Nairobi, al quale abbiamo già fatto in totale tre visite e domani saranno quattro.
Ma tutto è cominciato una settimana fa, quando abbiamo lasciato i bimbi con la tata nella nuova casa, tranquilli e sereni e ci siamo incamminati verso il solito centro commerciale. Nel mezzo della nostra bella spesa da Zucchini, con carrello già mezzo pieno, mi arriva un sms della tata che mi chiede di chiamarla. 
Mica deve essere grave, penso, altrimenti mi avrebbe chiamato.
Errore, la tata non aveva credito sul cellulare.
Prima lezione: pagare alla tata una ricarica e minacciarla se succede di nuovo che non può chiamare per un'emergenza. La minaccia pare abbia funzionato; adesso mi chiama per sapere se deve cuocere il riso che ho lasciato da parte, se può mettere a Filippo la felpa rossa invece della blu, etc..
Insomma, richiamo per scoprire che Filippo stava imbrattando la dispensa di sangue (proprio) dopo essere volato giù da una elegantissima sedia da bar della cucina che stava facendo dondolare come se fosse al playground ed essere atterrato appunto sul pavimento di cemento della dispensa. 
Di naso ovviamente.
Corsa a casa, circa venti minuti tra uscire dal parcheggio del centro commerciale gremito di sabato, avventurarsi per la strada che sulla carta sembrava la più veloce, ovviamente senza indicazioni stradale (qui quando si chiedono le indicazioni stradali, non sanno mai risponderti; sembra che i nomi delle strade li abbiano messi solo per noi wazungu), fare lo slalom tra i monticelli di sassolini che stanno usando per ripavimentarla, cercare di non lasciare il semiasse in qualche buca e non fare un frontale con un matatu.
All'arrivo ovviamente Filippo aveva smesso di piangere e sanguinare e non era chiaro quanto fosse stato grave il volo dalla sedia da bar.
La sedia in questione, così come le sue amiche, è stata immediatamente spostata in garage, la tata è scoppiata a piangere e si è rifiutata di mangiare e noi abbiamo passato qualche ora a capire se dovevamo preoccuparci di più per la tata o per Filippo.
Abbiamo scelto al tata perché Filippo era bello e sorridente e non dava segni particolari di scompenso.

Nel pomeriggio siamo tornati, tutti insieme, al centro commerciale dove dovevamo assoutamente fare delle foto ai bimbi per un'altra dozzina di documenti (Filippo è venuto particolarmente bene, nonostante il naso provato ed una serie di pinzature di non si sa cosa) e abbiamo parcheggiato bimbi e tata in un miniplaygound mentre finivamo di fare la spesa.
E nel bel mezzo della seconda spesa, ri-suona il telefono. Filippo deve essere cambiato e la tata era senza pannolino (colpa nostra, non ci avevamo pensato...). Quindi ri-lascia il secondo carrello mezzo pieno da Zucchini, vai al supermercato per comprare il pacco di pannolini e le salviette, vai a prendere Filippo al playground e cerca un bagno per cambiare il pannolino.
E nel bel mezzo del cambio pannolino, di quelli intensi, ri-suona il telefono. 
Sveva piange perchè non trova più Filippo.
Ve la potete immaginare la scena, no? Ecco, immaginatevi anche cosa possiamo avere detto...
Finito lo psicodramma, cambiato il pannolino e recuperate nel frattempo le foto dei bimbi, torno da Zucchini e cerco il secondo carrello lasciato a metà e, incredibile ma vero, ritrovo anche il primo carrello lasciato a metà la mattina. Insomma, mezzo carrello qua, mezzo là, finisco la spesa, con tanto di commessa che mi chiede come sta il bambino e torniamo finalmente a casa, sempre passando per la strada più veloce sulla carta, tra slalom di sassolini e matatu.
E la notte Filippo non dorme.
Che facciamo? Che non facciamo? Lo portiamo a far vedere? Da chi? Telefoniamo al pediatra in Italia per un consiglio? Ma ti pare, cosa vuoi che ci risponda? Andiamo all'ospedale? Ma mi sembra esagerato, in fondo respira. Sì, ma respira male, non lo senti? Ma no che non respira male, è solo raffreddato. Macché raffreddato, gli si è rotto il naso, sono sicura...
Insomma, dopo due giorni di consultazioni intrafamiliari e intra-amici e conoscenti, prendo macchina, bimbi e tata, cartina sulle ginocchia come al solito e parto alla volta dell'Aga Khan dove mi aspettava il pediatra raccomandato da tutti (che non so perché mi ero messa in testa fosse indiano) e ci avventuriamo per le strade di Nairobi per scoprire che a) l'ospedale non è poi così lontano come sembrava, b) lo studio del dottore è in un groviglio di studi di dottori, una stanzetta accanto all'altra, ma che è una stanzetta accogliente e c) il dottore in questione ci sa davvero fare con Filippo e soprattutto con la mamma ansiogena di Filippo.
Il responso è che il naso non è rotto, ma solo ostruito e che va pulito e bisogna avere pazienza che tutto si risolverà, hakuna matata.
Però il dottore in questione è più bravo di Mama Africa a dire hakuna matata e non ha scatenato la mia solita reazione stresseuropea.
Filippo ha cominciato a stare meglio, seguendo le indicazioni del dottore e contemporaneamente Felix ha sviluppato una sorta di allergia cutanea inspiegabile per cui si è resa necessaria una seconda visita all'Aga Khan, da una dermatologa però questa volta, che ha studiato in Austria, ma che preferiva non parlare in tedesco bensì, al limite, in spagnolo.
Il responso questa volta è stato che sì, era una reazione allergica, ma non si sa a cosa, quindi la dottoressa ha riempito Felix di medicine per tutte le evenienze (anche perché doveva partire per la Somalia) e l'ha salutato, vaya con dios e speriamo bene.
Abbiamo poi scoperto che un sacco di persone hanno avuto in questi giorni una cosa simile e ne abbiamo concluso che deve essere una specie di virus che circola e che se ne va dopo poco. 
Infatti dopo due giorni Felix stava meglio e stamattina è partito pimpante per la Somalia.
Pimpante si fa per dire, vista la corsa all'ospedale, Aga Khan ovviamente, di ieri sera.
Ieri sera, giorno di riposo della tata, abbiamo avuto la splendida idea di invitare i vicini di casa per un aperitivo. 
Vi immaginate Filippo davanti a tante ciotoline con macadamie, patatine, guacamole e tanti bicchieri con vino e birra?
I vicini, senza figli, credo che abbiano deciso ieri sera di non averne proprio.
Insomma, Filippo ha dato il meglio di sé e dopo essersi riempito la pancia (e il tappeto) di tutto quello che poteva, ha pensato bene di arrampicarsi su uno scalino e scivolare, battendo una testata sull'unico angolino sporgente di una specie di sedia rotonda in legno. 
Panico, sangue e corsa all'ospedale.
Tutto bene, meno grave di quello che sembrasse e soprattutto Filippo è rimasto affascinato dalla sala d'attesa del reparto pediatrico, dove ha finalmente potuto incontrare altri bambini e giocare (non ce la fa più senza asilo!).
Ci hanno dato un antibiotico per precauzione (qui ci vanno giù pesante con le medicine; quando ho chiesto in farmacia se avessero medicinali omeopatici, mi hanno chiesto prima per cosa e poi, dopo aver fatto l'esempio di una cosa per l'insonnia, mi hanno indirizzato verso una tisana alla camomilla....). 
L'antibiotico precauzionale è una roba disgustosa che oltre ad essere immangiabile e assolutamente non mascherabile in nessun cibo, va anche dato quattro volte al giorno, di cui una alle una di notte. 
Ovviamente ho messo la sveglia alle una di notte, ho torturato Filippo fino a che non ha ingurgitato l'antibiotico tra un sorso d'acqua, uno di succo ed un cucchiaino di zucchero, l'ho rimesso a dormire arrabbiatissimo e stanco e mi sono lasciata andare ad uno sfogo isterico pensando che avrei dovuto fare quella scena altre diciannove volte. 
Stamattina ho chiamato il pediatra non indiano per chiedergli cosa fare e per fortuna mi ha risposto di non dargli l'antibiotico e passare da lui domani pomeriggio per controllare la ferita.
Calcolando che mercoledì ho di nuovo appuntamento al reparto pediatrico per togliere le strisce adesive che hanno messo a Filippo, mi sono chiesta se l'Aga Khan non abbia una qualche sorta di tessera fedeltà, possibilmente familiare.....

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