mercoledì 25 gennaio 2012

Precedenze

Giochino da scuola guida.

Guardate questo disegno. 
Io sono la macchina a righe.

Tenendo conto che qui si guida dalla parte sbagliata, sapete dirmi chi ha la precedenza?

Chi aveva, mettiamola così, visto che in qualche modo l'ho risolta: ho accelerato e mi sono piazzata in mezzo per prima....

martedì 24 gennaio 2012

IKEA!

Uno dei miei acquisti assolutamente superflui dal Toi Market è stato un grembiule da cucina verde (e anche uno rosso a dire la verità...).

Se c'è una cosa di cui non ho bisogno sono proprio grembiuli da cucina, primo perchè lo metto una volta sì e due no e secondo perché una parte dell'eredità di mia nonna è stato proprio un pacco di grembiuli da cucina perfettamente conservati, senza alcuna macchia e praticamente nuovi non perchè non li usasse, anzi, ma perchè era una perfetta massaia e non si trova una macchia nella sua biancheria di casa nemmeno a cercare con il microscopio.

Questa cosa io non l'ho ereditata putroppo...

Comunque il grembiule verde del Toi Market mi è piaciuto da morire per il modello, ma soprattutto per la tessitura, un cotone a trama grossa perfetto per i ricami e siccome l'ultimo passatempo che ho trovato è il ricamo (sto iniziando, eh!), ho trovato il grembiule in questione indispensabile e l'ho comprato (prezzo trenta centesimi, decisamente abbordabile anche per qualcosa di superfluo).

E poi ho pensato chissà che storia ha, da dove viene, magari è una cosa speciale che avrò solo io....
Ingenua.

Lo stavo stirando, da perfetta massaia appunto, e cosa vedo?

Etichetta quasi illeggibile, ma quel tanto che bastava per decifrare il logo: IKEA!

Insomma, una cosa speciale che ho solo io ..... e altri tre o quettro milioni di massaie.

lunedì 23 gennaio 2012

Amazing Bazaar

Il castello è di proprietà di un signore, Arif, che non è per niente sprovveduto. Oltre ad aver fatto il contratto con la Commissione, che è un discreto chiappo o per lo meno  un chiappo sicuro, è anche proprietario di uno dei più rinomati mobilifici. Rinomati tra gli espatriati, che è quello che conta per fare affari.
Generalmente quando vai a casa di qualcuno e ti colpisce un pezzo d'arredamento, o è comprato da Arif o all'Amazing Bazaar. Più il secondo in verità.

L'Amazing Bazaar ha un grosso difetto: sta su Mombasa Road, che è la strada per l'aereoporto, dalla parte dell'aereoporto, cioè dall'altra parte della città rispetto a Rudnda.

Quando (i cinesi) finiranno di costruire il bypass - il GRA locale per intenderci - andare all'Amazing Bazaar da Runda sarà uno scherzetto. Se i cinesi finiranno prima del nostro rientro in Italia, probabilmente non avremo più soldi per tornare in Italia, quindi forse è meglio se se la prendono con calma.

Dopo mesi di insistenza, ho finalmente convinto Felix a buttarsi nel traffico anche il sabato e, in una giornata in cui la temperatura ha sfiorato  i 33 gradi, portarmi all'Amazing Bazaar.

I proprietari sono indiani, come Arif, e come lui importano ad intervalli regolari container dall'India pieni zeppi di mobili coloniali originali.

Non so se è stato un caso, la fortuna della prima volta o una mossa del destino per farci finire sul lastrico anche se i cinesi non finissero il bypass in tempo, ma ho trovato esattamente il mobile che stavo cercando da mesi (quasi un anno, giuro!) e che ero disposta a comprare su ebay come semplice imitazione, invece questo è originale del 1932.

In più i comodini (finalmente!), un'altra cassettiera che ho intenzione di ridipingere e un sacco di idee su piccoli dettagli di arredamento che non so se metterò in pratica nel castello, ma sicuramente terrò presente per la dimora sul Lago.

E poi visto che il conto, pur con lo sconto e quello che volete, ci ha lasciati interdetti, siamo riusciti (Felix, vabbé) a farci omaggiare di questo, come chiamarlo, portaspezie? Se volete metterci le spezie sì, altrimenti mobiletto piccolo con cassettini in ceramica dipinti a mano, probabilmente proveniente da una farmacia indiana degli inizi del millenovecento.

Oppure è qualcos'altro ma non m'importa perché mi piace un sacco!

Toi Market

Giovedì dovevo andare in Biashara street a prendere altri kikoy, per me e per amiche. 

Avevo fissato con Hayet, mamma di Kezia. Tutto organizzato al secondo: prendo Filippo alle 12.30, alle 13.00 crolla addormentato, alle 13.15 sono da lei e Sveva la riprende una delle sue tate alle 15.30 insieme a Kezia, così anche se rimaniamo bloccate nel traffico siamo coperte.

Peccato che arrivata da Hayet (alle 13.30, già sgarrato il programma...), lei mi fa Ma non andiamo al Toi Market?

Il Toi Market (che io credevo fosse Toy e infatti continuavo a non capire come in una città come Nairobi ci fosse spazio per un grande mercato dei giocattoli...scema!) è un gigantesco mercato dell'usato (vintage?), principalmente per vestiti e scarpe, ma si trova un po' di tutto.

Ovviamente non è fatto per gli espatriati, ma gli espatriati ci vanno per curiosità e poi immagino che ci tornino perché è davvero pittoresco.

Siamo arrivate più o meno verso le due (traffico zero) e ripartite intorno alle cinque e mezzo (traffico sette, in una scala da uno a dieci). 

E' vero che ci siamo fermate a prendere un cappuccino iniziale nel Java House di Adams Arcade e che forse abbiamo  perso qualche (?) minuto prezioso, ma pur stando al Toi Market tre ore abbondanti, siamo riuscite a vedere solo l'esterno. Giuro, siamo sfrecciate tra le bancarelle della parte coperta solo perché era più veloce per arrivare alla macchina.

L'estensione del mercato è impressionante, ma la cosa che mi ha colpito di più è l'ordine con il quale generalmente vengono disposti i vestiti e il profumo di detersivo, pur essendo il tutto a ridosso della polvere delle strade.
E in più ci sono anche i prezzi esposti; avete letto bene esposti.

Non so, magari sono io che guardo tutto con questo sguardo innamorato dell'Africa, ma devo dire che al confronto Porta Portese mi sembrava orribile.

Non essendo andata lì preparata (cioè con una lista, via...), sicuramente ho perso tempo e mi sono persa tra le cose più diverse, ma alla fine sono riuscita a trovare esattamente le cose più superflue di cui avevo bisogno: vestiti di carnevale per Sveva.

Per lo meno io li chiamo vestiti di carnevale, ma qui ogni tanto, specialmente la domenica, si vedono delle bambine che vanno in chiesa con vestiti tutti di raso e tulle, dai colori più sgargianti.

Insomma, Sveva è contenta, io sono contenta (ho anche trovato un paio di scarpe...lo so che sono di diciannovesima mano, ma erano proprio carine!), Felix ha dovuto preparare la cena (mezza cena...l'altra metà ci avevo già pensato perchè comunque un po' lo conosco il traffico di Nairobi), Filippo ha avuto la tata tutta per sé per un intero pomeriggio e la tata ha avuto un bambino solo da guardare anziché due.

Insomma, mi sto preparando la lista delle scuse per poterci tornare!


martedì 17 gennaio 2012

Maurice

Maurice è una guardia di rimpiazzo.

Nel senso che rimpiazza i titolari quando vanno in vacanza.

Il Guardone è andato in vacanza poco prima della nostra partenza, a dicembre, e ci siamo trovati Maurice che sembrava molto scupoloso. 
Il primo giorno di lavoro (doveva fare il turno di notte) è arrivato la mattina per farsi spiegare da James tutto quello che c'era da sapere sulla nostra casa.
La sera, all'ora del cambio della guardia, non si è presentato. Si è perso ed è arrivato con circa tre ore di ritardo.

Non proprio un buon inizio.

Ma questo è niente in confronto a quando, solo qualche giorno dopo, è venuto da me a chiedermi la mancia di Natale, poi è andato da Felix con la stessa richiesta e visto che non aveva ancora ricevuto nessuna risposta e soprattutto nessuna mancia, è tornato da me e mi ha chiesto di chiedere a Felix la mancia di Natale.
La nostra risposta ci ha messo un po' ad arrivare (un po'...le tre richieste sono arrivate nel giro di un solo turno lavorativo, cioè dodici ore. La parola che mi viene in mente è insistenza) solo perché eravamo basiti dalla richiesta. Nessuna delle nostre guardie fin'ora ci aveva chiesto qualcosa.
Bhè, in effetti il sostituto del Guardone ci ha chiesto uno zampirone e il Guardone un ombrello, ma nessuno mai esplicitamente dei soldi.
E soprattutto non dopo soli tre giorni di lavoro!

Comunque, eravamo in piena fase natalizia di distribuzione mance e tavolette di cioccolata a tutto lo staff (figo eh? Staff....), quindi abbiamo dato qualcosa anche a lui, sottolineando bene che non ci aveva fatto piacere la sua richiesta ed i suoi modi.
E poi abbiamo pensato che sostituiva il Guardone e quando saremmo tornati non l'avremmo più rivisto.

Errore!

Al ritorno che ci troviamo? Maurice che sostituisce James, il che vuol dire un altro mese di Maurice e in più di giorno.

Maurice pare abbastanza incapace e su questo uno può cercare di rimediare dicendogli le cose chiaramente invece di aspettare che le faccia di sua iniziativa (questa è una regola generale che io in particolare devo imparare. Con tutti), ma la cosa che mi fa rabbia è che anche se uno gli dice le cose, lui comunque non le fa. 
Non dico mica cose strane tipo darmi una mano a scaricare la spesa dalla macchina (solo James è così gentile e comunque non mi sogno di chiedere una cosa del genere a nessuno). No, dico cose di senso comune, tipo impedire a Filippo di prendere la tazza dell'acqua di Maurice (che si trova accanto a Maurice) e rovesciarla sul carica batterie della radio di Maurice. Caricabatterie attaccato alla presa, ovviamente.
Insomma, non ci vuole la laurea per capire che a) Filippo potrebbe farsi male e b) la radio potrebbe farsi male, no?
Invece niente, Maurice è lì, indolente e somiaddormentato a tre centimentri da Filippo, con un sorriso ebete e lascia che il biondo terremoto ci faccia saltare il sistema elettrico di tutta la casa.

Ogni tanto lo troviamo sull'amaca, tranquillo. Altre volte a ronfare sulla sedia e altre a ronfare sotto l'albero...fuori dal cancello però, con tutti i delinquenti pronti a svaligiarci la casa che stanno lavorando al cantiere di fronte. Almeno così dice l'addetto alla sicurezza dell'ufficio.

E poi non ci apre il cancello quando serve a noi.

Quando chiamiamo con la radio non sente mai e dice che non abbiamo chiamato e quando siamo al cancello passa un quarto d'ora tra accorgersi che siamo lì (ho lo stereo a palla generalmente), sganciare il mazzo di chiavi dal moschettone penzolante dalla sua cintura, infilare la chiave giusta nel lucchetto, aprire un'anta del cancello, aprire la seconda anta, fissare a terra la prima che si sta richiudendo con il vento, sbattere la faccia contro la seconda che si è richiusa per lo stesso motivo, e fare finalmente il saluto d'ordinanza mentre passiamo con la macchina.

L'altro giorno è arrivato il Guardone con la bicicletta e io ero dalle parti del cancello. Maurice non c'era e ovviamente non c'erano neanche le chiavi per aprire. Ho chiamato con la voce, ho chiamato con la radio, ma non c'è stato niente da fare; Maurice è arrivato quando ha voluto lui, già pronto per andarsene, col suo sorriso da ebete.

Oggi poi sono arrivati degli addetti alla sicurezza visto che abbiamo segnalato che la radio non funziona bene. Noi la usiamo e Maurice dice che non sente mai; cosa dovevamo fare?
Maurice non mi ha nemmeno fatta parlare, continuava a ripetere che la radio non si sente punto e basta.

Adesso, sempre con la solita calma immagino, ci installeranno un ripetitore sul tetto e ci daranno radio con un'antenna più potente (tradotto significa che andremo in giro con una radio che ha un'antenna lunga almeno il doppio della radio stessa. Un po' scomodo l'ha definito il tecnico...).

Vediamo se Maurice ci aprirà finalmente il cancello.

Altrimenti gli rubo le chiavi e lo mando a dormire!

Bookaholic

Avete presente quei libri che creano dipendenza?

Per me la prima esperienza è stata con quelli di Wilbur Smith.

Sono diventata talmente dipendente che, non solo non riuscivo più a fare attenzione a quello che mi succedeva intorno, ma dovevo assolutamente leggerli tutti, non potevo farne a meno.
Quando poi li ho letti tutti, ho cominciato a prestarli a giro, ma prestarli attenzione, non regalarli perché la dipendenza era ancora forte.
Penso addirittura che il viaggio in Sudafrica sia stato influenzato dalla lettura di Wilbur Smith. Sicuramente nei pressi di Città del Capo, avrei fatto volentieri una deviazione per incontrarlo.
Poi sono cresciuta ed ho deciso che dovevo darci un taglio, sapete una di quelle crisi da rinnovo del guardaroba, quindi ho smesso di controllare se Wilbur ne aveva scritti di nuovi e li ho regalati tutti alla biblioteca di una chiesta, tramite Rosalba che probabilmente se li è letti prima ed è diventata dipendente a sua volta.

Poi è stata la volta di Douglas Adams, e la dipendenza è iniziata con la Guida galattica per autostoppisti. Non ho ancora letto l'ultimo, che mi sono ovviamente portata in Africa, ma solo perché la serie ha subito un'interferenza: Sophie Kinsella. 

Non ho iniziato subito dal primo della serie I Love Shopping, ma il risultato è stato comunque uguale.
Poi ho fatto l'errore di passarne una ad Ilenia che è ancora in piena dipendenza e praticamente va in crisi d'astinenza aspettando che Kinsella pubblichi il nuovo libro o anche la lista della spesa credo.

Errare è umano, ma io ho perseverato e ho iniziato anche la tata ai libri di Kinsella. Il problema principale è che o impara l'italiano o devo ricomprare tutta la serie in inglese,  che è la strada che sto percorrendo con una certa lentezza, quindi per ora lei legge con il contagocce, ma ci sono momenti in cui temo per la vita dei miei figli perché la trovo, diciamo, un po' distratta

Ho cercato di sensibilizzare anche le nostre guardie alla lettura, ma Maurice, di cui scriverò al più presto, ha detto che preferisce l'Economist ai libri che gli ho passato (non Sophie Kinsella ovviamente!).

Ho avuto anche dipendenze un po' più elevate se così si può dire, tipo Umberto Eco. Sono arrivata a leggere il Pendolo quattro volte e sto meditando se sia il caso di leggerlo per la quinta; il fatto è che è come un libro a strati, ogni volta scopri qualcosa che a quella precedente non avevi notato. Almeno per me. Probabilmente se Eco sentisse questa descrizione non sarebbe particolarmente felice.
Ma Eco non riesce comunque a creare quella dipendenza morbosa che creano libri più leggeri, senza niente togliere ai libri leggeri.
L'altro giorno sono entrata nella libreria del Junction, che per me è la migliore non tanto per i libri in sé (anche se si trovano tutti quelli di Kinsella e tutti i fascicoli di Women's Weekly al prezzo più basso che ho visto fin'ora), ma per la disposizione degli scaffali e mentre stavo appunto scegliendo l'ennesimo libro di Sophie per la tata, ma anche per me, diciamolo, mi si avvicina un tipo e mi chiede se ero interessata ai romanzi rosa.
Invece di ammettere che stavo scegliendo quel libro anche per me, mi sono sentita rispondere E' per la mia tata. Lui mi ha guardato un po' interedetto, ma si è ripreso immediatamente dicendo Forse la sua tata è interessata anche a quello che è successo in Kenya durante le elezioni.
Detta così mi sarebbe venuto da dirgli di no, ma era un tipo molto gentile, con accento mostruosamente britannico e mi sono fatta convincere.
Ho comprato il suo libro.
Suo nel vero senso.
Lui si chiama Ralph Palmer e scrive fiction. Il suo libro è una spy story e appena finisco quello che sto leggendo lo inizio perché mi ha incuriosito (anche perché non so così tanto sulle scorse elezioni in Kenya e visto che a dicembre ci saranno le nuove, mi piacerebbe farmi un'idea vaga).

Comuque, questo post mi ha fatto decidere a mettere anche io sulla barra laterale la lista dei libri che consiglio; visto che diffondo libri a guardie e tate, non vedo perchè non condividere anche con chi legge il mio blog....

A proposito, il libro che sto leggendo adesso è di Bill Bryson, altra dipendenza che ho dimenticato di menzionare. Ogni sera, mentre leggo arrivano puntuali i cinque minuti di risate fino alle lacrime. Micidiale!

sabato 14 gennaio 2012

Connection

Siamo connessi.

Finalmente abbiamo internet a casa. 

Dopo mesi di sottomissione alle paturnie di una chiavetta, agganci pirata alla prima rete libera disponibile, tazze e tazze di caffé per giustificare l'uso della rete nei locali con wireless, finalmente ci siamo decisi ed abbiamo firmato il contratto con Access Kenya, la compagnia prescelta per offrirci il tanto agognato servizio.

Sono stati abbstanza veloci nell'istallazione, ma mai così veloci come nel farci firmare il contratto - per quello c'è voluto un nanosecondo - ma comunque nel giro di tre giorni e solo una decina di telefonate eravamo allacciati; tempi record per lo standard da queste parti.

La connessione è lenta, mooolto lenta, ma ci permette di tenerci un po' più in contatto con la Casa Madre.

Peccato che funzioni un giorno sì e l'altro no.
Però mi sto facendo un sacco di amici nuovi tra gli operatori del servizio clienti e sto imparando un sacco di temini in inlgese.
Tipo il router, io l'ho sempre chiamato ruter e invece no, qui si chiama rauter
E io scema che credevo avesse a che fare con le strade, nel senso della pronuncia.

Invece s'imparano sempre cose nuove.

Ad ogni modo sto passando le mezz'ore al telefono con i miei nuovi amici per le problematiche più svariate; una volta è colpa del rauter, una volta della radio - la parabola che hanno installato sul tetto - una volta della loro antenna e mi sto facendo una cultura.

Se non trovo lavoro nel mio campo posso sempre presentare un curriculum ad Access Kenya!

Virus

Siamo passati indenni dal freddo e dai germi invernali europei e torniamo in Africa, con trenta gradi a beccarci tosse, raffreddore e mal di pancia.

Perchè?

Perchèèèèèèèèè???

Why?

Oggi finalmente Sveva ha fatto un importante passo avanti in inglese.

Ha fatto una domanda ed ha usato why.

Fin'ora chiedeva sempre con because e non c'era verso di farle entrare in testa che perchè in inlgese si dice in due modi diversi.

Beh, in effeti come darle torto?

Adesso il prossimo passo è fare le domande anche in tedesco....

giovedì 12 gennaio 2012

Nairobi socialite

L'asilo è ricominciato e ci troviamo di nuovo tutti a Nairobi.

Questa è la settimana dell'Happy New Year; così per cambiare il saluto, appena s'incontra qualcuno non gli si dice banalmente Morning o Morgen, ma Happy New Year.

Ci si sente più amici, anche con i genitori che non si sono mai frequentati e tanto meno si sa come si chiamano o di chi sono davvero i genitori.

Almeno, io tutte queste cose non le so forse perché non sono proprio una di quelle supermamme attivissime nella vita dell'asilo.
E non lo sarò mai, diciamocelo!

Comunque, si ricominciano tutte le attività con nuovo slancio, forse anche troppo.

Questa settimana Sveva è stata da Kezia a giocare lunedì, poi abbiamo avuto Charlotte mercoledì, sempre per Sveva. 

Per domani ho fatto un invito alla cieca, nel senso che ho invitato tre amichetti di Filippo e relative mamme, senza conoscere bene le mamme (né peraltro gli amichetti).

Sabato poi siamo invitati da Leah che in teoria dovrebbe essere un'amichetta di Filippo, vista l'età ma è molto più amica di Sveva, specialmente poi da quando le hanno messe nella stessa classe.

E domenica brunch da Roberta e Sergio. 

Ma questo è finalmente un'invito per mamma e papà!

lunedì 9 gennaio 2012

One Tribe One Planet

Pensavo fosse una battuta del guardiano del parcheggio e mi sono messa a ridere. 
Poi ho capito che è davvero lo slogan del Tribe e che il guardiano del parcheggio ci credeva come in una religione.

Primo sbaglio.

Comunque sono entrata finalmente in questo fantomatico hotel per prenotare un tavolo al ristorante che non si chiama semplicemente ristorante del Tribe, ma ha un suo nome proprio: Jiko.

L'ambiente è degno di nota, le persone del ristorante gentilissime, menu interessante e prezzi non così esagerati come temevo.

Prenotato per le otto e mezzo, bimbi a nanna, tata davanti alla TV e genitori che se ne vanno alla chetichella, solito copione.

Arriviamo con almeno un quarto d'ora di ritardo e chiediamo di avere un tavolo fuori, bordo piscina, invece che dentro dove era già pronto.

Secondo sbaglio.

La cameriera che ci apparecchia il tavolo ci mette una vita solo per sistemare le posate, solo perché aveva dimenticato il righello, suppongo: ha allineato forchetta grande con piccola e coltello grande con piccolo con una precisione maniacale. Al millimetro.

Peccato che abbia sbagliato il lato. E visto che l'atmosfera era rilassata e lei era sorridente, ci siamo permessi di fare la battuta sul lato sbagliato.

Terzo sbaglio.

Ci ha messo un altro quarto d'ora a risistemare tutto. Dopodiché ci ha portato i menu con delle lenti d'ingrandimento dal design essenziale, accessoriate con tre tipi di luci, di cui una a ultravioletti, per leggere.
Ovviamente abbiamo cominciato a giocare con le luci e ci siamo dimenticati di scegliere per cui quando un'altra cameriera è finalmente arrivata per prendere il nostro ordine, non eravamo pronti.

Quarto sbaglio.

Nel frattempo è arrivato lo stuzzichino: tre salse e una vagonata di panini. Le salse si presentavano bene, ma avevano tutte lo stesso retrogusto e qualunque fossero gli altri ingredienti sembravano tutte a base della salsa agrodolce rossiccia e viscida del ristorante cinese.
Questo non ci ha impedito di finire la vagonata di panini.

Quinto sbaglio.

Nel frattempo avevamo ordinato un antipasto ed un secondo a testa, bicchiere di vino e acqua. Insomma, la nostra classica sequanza quando andiamo al risotrante.
Il vino è arrivato subito, l'antipasto è seguito a ruota e abbiamo spazzolato il tutto ad una velocità normale, direi.

E poi più niente, a parte la vista piscina, la brezzolina ed una coppia di italiani nel tavolo accanto. Cameriere che si alternavano nella corsa tra dentro e fuori con vassoi ricolmi di cose meravigliose, sfiorando il nostro tavolo come se fosse trasparente, ignorando i nostri sguardi sempre più affamati, ospiti che finivano la loro cena, chiedevano il conto e se ne andavano, il capo cuoco che si avvicina al tavolo di italiani accanto per sapere se la cena era stata di loro gradimento, la temperatura dell'aria che si abbassa sensibilmente e la brezzolina che si fa notare sempre di più.

Niente di niente.


Felix si è alzato, ha fatto un giro dell'albergo (solo gli esterni), è tornato, abbiamo chiacchierato, siamo rimasti in silenzio, ho minacciato di andarmene con una scena madre, lui mi ha fatto ragionare poi si è alzato per un secondo giro e finalmente è arrivato un cameriere con due mattonelle di pietra nera, rettangolari ,con sopra i nostri due secondi, decorati con un osso sbiancato (una costoletta di qualche bestia, vogliamo credere proveniente dalla lavastoviglie e non da un piatto appena riportato in cucina...).
Sceniche le mattonelle e scenica anche la mimica del cameriere che sembrava Filippo quando dice fuoco, don't touch. Poi abbiamo capito che era solo scena appunto perché le mattonelle non erano così tanto calde e soprattutto il cibo era freddino.

Dopo due ore di attesa ci siamo spazzolati il contenuto (il sostenuto?) delle mattonelle in tre minuti.


Nonostante la delusione abbiamo accettato nuovamente il menu (senza lucine stavolta) per dare un'occhiata ai dolci e siamo rimasti delusi, forse perché lo eravamo già, abbiamo chiesto il conto ci siamo incamminati verso il parcheggio un po' mogi.

Ok, il cibo poteva essere buono, davvero, se avesse dato l'impressione di essere stato preparato al momento e non abbandonato per un'ora da qualche parte nelle cucine e poi riscaldato al micronde e sicuramente la location è degna di nota (ed il posto è anche molto vicino a casa!), ma mi sa che passerà un po' di tempo prima che torniamo al Tribe.....pardon, al Jiko.

Sesto sbaglio?

sabato 7 gennaio 2012

Karibu tena!


Non è male passare dalle foglie secche di quercia alle ninfee in fiore nel giro di qualche ora.
Qualche è ironico…provate voi a passare qualche ora con Filippo sveglio costretto su un aereo, carico come una molla. Bastano cinque minuti per farvi diventare scemi.
Quando poi scappa in prima classe e mi ritrovo la hostess che mi guarda malissimo e ordina, neanche troppo gentilmente, di tornare tra i plebei, mentre Filippo si ritrova a tu per tu con un distinto signore indiano, con tanto di turbante e lunga barba bianca e lo chiama Babbo Natale….
Menomale che ad un certo punto siamo riusciti a disattivarlo.
Invece per disattivare Sveva basta la televisione; ha visto tutto il programma della Swiss dedicato ai bambini, film e cartoni, ha preso cioccolatini a manciate dal cestino che le hostess ci porgevano per prendere un assaggio di Svizzera e bevuto coca cola quanto basta per tenerla sveglia per due mesi. Però era totalmente disattivata e questo ci è bastato.

Vediamo, che scusa posso trovare questa volta per il lungo silenzio stampa?
Natale? Capodanno?
Ok, pigrizia!
Allora faccio un veloce Rider’s Digest…vi mancavano, giusto?

Dunque, Natale con i tuoi. Noi siamo fortunati perché le nostre due famiglie festeggiano in due giorni diversi (consecutivi, non una il primo dicembre e l’altra il quindici ovviamente) e non vivono molto distanti (solo un’ora di macchina…ci poteva andare molto, molto peggio). 

Quindi primo Natale con die Familie e secondo con la Famiglia. Doppio albero, doppia distribuzione dei regali, doppio pranzo/cena di Natale…e quest’ anno un solo Babbo Natale, ma è bastato a Filippo per diventare un suo acerrimo fan. I bimbi si sono divertiti un sacco con i nonni, in campagna, in città. 


Sveva ha pattinato sul ghiaccio… c’è anche a Nairobi pare la pista, ma non credo abbia lo stesso impatto, soprattutto se cadi; almeno in Italia sei imbottito…
Filippo non la smetteva più di urlare pikipiki a tutti gli scooter che gli sfrecciavano accanto.
Noi ci siamo goduti un po’ di tranquillità quando i nonni facevano da tata (mi dispiace nonni, ma ancora ne avete di strada da fare se volete competere con la Tata!) e siamo anche riusciti ad andare al cinema (Le idi di Marzo e Almanya. Entrambi validi).

Quest’anno sono anche riuscita a mandare gli auguri di Natale a tutti (spero di aver incluso tutti), con una mail vuota e un’immagine in allegato assolutamente non riconducibile alla nostra famiglia, con il risultato molto probabile di essere finita nella cartella dello spam.

Se avete ricevuto questa foto, è mia, non è spam; la prossima volta mi firmo….

Tornati sul Lago abbiamo festeggiato il Capodanno con la Patafamiglia e altri amici e abbiamo concluso l’anno contornati da bambini, funghi, anatre all’arancia e lampredotti e abbiamo fatto molto più tardi di quanto non avessimo fatto negli ultimi anni…

Ultimo frenetico giro di amici, ultima indigestione di arance e mandarini (sarà perché ci siamo imbottiti di vitamina C, ma siamo passati indenni dal mese di freddo polare…polare per noi, insomma), ultime sere davanti alla stufa con Filippo che continuava a ripetere fuoco, don’t touch! e poi appena poteva toccava il vetro con tutto quello che aveva a portata di mano in modo da fonderci sopra qualunque materiale avessimo in casa e ultimi piatti a mano da lavare grazie alla nostra gloriosa lavastoviglie che ha tirato le cuoia dopo anni di onorato servizio.

E di nuovo sveglia prima dell’alba, saluti alla casa sprangata, al gatto, check in all’aereoporto, innumerevoli tentativi per rendere Filippo inoffensivo in aereo, sbarco, coda per il visto, amico dell’amico tassista ad aspettarci, viaggio verso Runda nel traffico dribblando matatu, arrivo al castello buio perché era appena saltato anche il generatore, Guardone che ci apre il cancello e sorride e così via.



La mattina dopo abbiamo poltrito (tutti; Filippo dal 1 gennaio dorme la mattina come un ghiro, miracolo!), ma quando ci siamo avvicinati alla tenda della finestra ed abbiamo sentito il caldo che arrivava dall’altra parte, quando abbiamo visto la luce del sole africano, devo dire che ci siamo sentiti un po’ a casa.

La temperatura a mezzogiorno ha raggiunto i 34.5 gradi. 
Secco, leggera brezza, maglietta e pantaloncini, bimbi in piscina nel prato e mango a merenda.

Il prossimo anno col cavolo che andiamo via da questo clima a Natale! 

(Karibu tena = bentornati in swahili)